Tony Driver, l’opera prima di Ascanio Petrini presentata alla 34esima Settimana internazionale della critica, usa come pretesto l’inseguimento delle peripezie di un italiano nato nel nostro paese, vissuto in America e desideroso di tornare nella terra del sogno, per indagare il concetto di confine e di identità. La nostra intervista in esclusiva al regista.
DA RADIOCINEMA.IT
“Un eroe non travestito ma vero” così Ascanio Petrini definisce Pasquale, il suo protagonista in Tony Driver, presentato in anteprima mondiale alla Sic, 34esima Settimana Internazionale della critica e presto in sala per Wanted. Tony, Pasquale, si considera americano essendo nato in Italia ed emigrato negli anni ’70 con la sua famiglia, quando aveva solo 9 anni. In America vive, lavora come tassista e si crea una famiglia. Quando viene arrestato in un blitz della polizia e gli viene proposto o il carcere o l’estradizione in Italia, visto che l’uomo non aveva mai richiesto la cittadinanza americana, sceglie di tornare nel paese natio.
Sceglie l’Italia dove trova barriere alte da superare, forse più invalicabili del muro con il Messico che tanti suoi clienti del taxi attraversavano, rendendosi conto che a questa realtà nostrana non gli appartiene e anzi, quasi giustifica la scelta del padre. Inoltre i suoi affetti sono in America e lì vuol tornare. Il documentario pedina Tony e racconta il suo tentativo di realizzare questo sogno e, allo stesso tempo, apre lo sguardo e permette allo spettatore di interrogarsi sul concetto di confine e di identità.
Dopo l’anteprima alla 76esima Mostra internazionale del cinema di Venezia, il film verrà distribuito da Wanted.